venerdì 23 luglio 2010

Che fine ha fatto la laicità?

L'Amministrazione Comunale, con l'approvazione dell'accordo-quadro con la Comunità Pastorale che esclude le altre Associazioni operanti da anni nella realtà sociale di Cassina de' Pecchi, compie l'ennesima scelta clericale e ideologica, spogliandosi completamente delle competenze pubbliche e consegnandole ad una sola parte.

Ha cestinato così completamente il buon accordo precedente, che, pur valorizzando l'importante ruolo dell'Oratorio e della comunità cattolica, era aperto al pluralismo, al coinvolgimento delle istituzioni territoriali e salvaguardava la laicità delle politiche comunali.

Tutto questo per una precisa scelta ideologica dell'assessore competente Chiesura, che si dimostra ancora una volta insofferente verso il pluralismo, al pari dei più incalliti stalinisti sovietici.

Assente il consigliere di Rifondazione Comunista,l'opposizione (tra cui spicca la posizione del Partito Democratico)

CALA LE BRAGHE e VOTA A FAVORE,

con il solo voto contrario del consigliere Alessandro Patella di Cittadinanza e Cambiamento.

Cittadini, Vi invitiamo a riflettere su questa svolta preoccupante della politica cassinese, che vede le posizioni laiche, ampiamente diffuse tra la cittadinanza, quasi azzerate dall'azione della maggioranza consigliare e della quasi totalità della minoranza.

Sinistra Ecologia Libertà
Circolo di Cassina de' Pecchi

venerdì 2 luglio 2010

Compagni che sbagliano

Sulla versione online de "Gli Altri - la sinistra quotidiana" è apparso un articolo, a firma Andrea Colombo, che parla delle condanne alle "Nuove BR", intitolato "105 anni per le nuove Br, ma nessuno sa quale reato abbiano commesso"

L'articolo è contestabile sotto molti punti di vista.

Traspare, da tutto il pezzo, il concetto, molto anni ‘70, della giustizia come “strumento di oppressione del proletariato”. Sembra che non abbia lasciato nessun segno Pasolini, quando diceva di stare con i poliziotti, perché i veri proletari erano (e sono, aggiungo io) loro.
Un concetto che pensavo - speravo - ormai superato. Invece, proprio in una fase di "ricostruzione" delle basi culturali di una nuova sinistra, è necessario ridiscuterlo.

L'impostazione, comunemente chiamata "garantista", si basa sull'assunto di fondo che la magistratura e le forze di polizia sono strumenti in mano alle classi economiche dominanti, "sovrastrutture" in senso marxiano del termine, che vengono utilizzati per opprimere la classe operaia.
I fautori di questa tesi dimenticano, però, che magistratura e polizia sono inserite in un contesto ben diverso rispetto a quello dell'800: lì c'era una effettiva coincidenza di interessi, data da molti fattori, quali l'estrazione sociale di magistrati e dirigenti di polizia, le minori garanzie di autonomia e, spesso, l'effettiva direzione dell'azione penale da parte di organi politici.

Ora, grazie alla costituzione del 1948, che ci ha consegnato un sistema di effettiva divisione tra i poteri e di amplie garanzie giuridiche per gli imputati, e grazie alla profonda "rivoluzione sociale" dataci dal boom economico e dalle lotte degli anni '60 e '70, che ha portato tanti "figli di operai" in magistratura e ai livelli dirigenziali statali, comprese le forze di polizia, l'assunto iniziale appare esattamente ribaltato: ora polizia e magistratura sono le più importati - a volte le uniche - garanzie che le classi meno abbienti hanno per difendersi dai soprusi delle classi economicamente dominanti.

Il passaggio sul 41bis lo trovo poi al limite dell’allucinante.
Premessa: il 41bis è l'articolo della legge sull'ordinamento penitenziario (L. 354/1975), approvato nel 1986, che definisce il regime di "carcere duro" per gli imputati di reati di mafia e terrorismo.
Nell'articolo si definisce “tortura” il carcere duro, ingenerando immagini alla Guantanamo di cappucci e cavi elettrici, quando invece si tratta essenzialmente di uno stretto isolamento, allo scopo di impedire ai mafiosi e ai terroristi di continuare a dirigere l’organizzazione dal carcere. E di trasformare così la pena in una salutare vacanza.
Sembra che ci siamo già dimenticati delle feste di compleanno di Cutolo nella palestra del carcere.

Le vere forme di tortura e di barbaria sono altre.
Un paese democratico e di diritto non può accettare quella forma, stavolta reale, di tortura quotidiana che è l’oppressione mafiosa su larga parte del territorio nazionale.
Un paese civile non può accettare che le persone muoiano per le loro idee. E non dobbiamo correre agli anni '70. Ma al 1999, con Massimo D'Antona. E al 2002, con Marco Biagi.
Si dimenticano le minacce a Pietro Ichino, giuslavorista e parlamentare PD, quando si dice che i nuovi brigatisti "sconteranno anni e anni di galera per aver dato vita a un’associazione inesistente". Talmente inesistente da aver già fatto morti.
Poi magari si festeggia la sentenza a Dell'Utri per concorso esterno in associazione mafiosa. Dimenticando che anche lui non ha mai compiuto "un ferimento, un sequestro, una rapina".

La sentenza di Dell'Utri è ovviamente sacrosanta, così come quella ai nuovi brigatisti, perchè collaborare con chi ammazza, rapina, sequestra, ha lo stesso disvalore morale di compiere quei reati in prima persona. E, spesso, solo le collaborazioni rendono possibili quei reati.

Perché non c'è organizzazione mafiosa o terroristica che può vivere senza una rete di collaboratori e conniventi, senza covi, senza informatori, senza protezioni.

Direi che non sono assolutamente queste le basi sul tema giustizia per rifondare una nuova sinistra.

Bisogna smetterla di usare il concetto di “garantismo” come modo di difendersi DAL processo anziché NEL processo. Che poi è quello che quotidianamente quello che fa Berlusconi.
A guardare bene non è così strana la sua posizione: il suo principale avvocato, Pecorella, affonda le sue radici nella sinistra extraparlamentare: proprio quella che, negli anni '70, predicava la giustizia del popolo e l'oppressione dei magistrati e dei poliziotti.

Alessandro Simeone

giovedì 1 luglio 2010

Ottimo risultato per il comitato per l'acqua pubblica

Sono stati 920 i cassinesi che hanno firmato in favore del referendum per l'acqua pubblica, a riprova che i cittadini sono molto interessati a ciò che esce dai loro rubinetti e, soprattutto, a chi vanno a finire i soldi delle bollette.

Le esperienze, in varie parti d'Italia, di privatizzazione dei servizi idrici hanno portato ad un generale decadimento dei servizi e ad un netto aumento delle tariffe.
L'acqua, come monopolio naturale e ancor di più come elemento fondamentale per la vita, è e deve rimanere in mano pubblica.

Eccellente è stata la risposta ai tanti banchetti del comitato, composto oltre che da Sinistra Ecologia Libertà, dalla Fabbrica di Cassina, da Cittadinanza e Cambiamento, dal PD, da RC, dal Progetto Cassina, dalla Lista Civica Cassina Sant'Agata e dalle cooperative (adesso fusesi tra loro) La Speranza e Circolo famigliare di Sant'Agata.

Dall'assemblea regionale di Sel, un coordinamento rappresentativo dei territori


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Si è svolta sabato 19 giugno allo Spazio Arte di Sesto San Giovanni l'assemblea regionale di Sinistra Ecologia Libertà.

A introdurre i lavori, presieduti da Gianni Confalonieri, l'intervento di Pino Vanacore che ha tracciato un'analisi del quadro politico in Lombardia, delineando gli ambiti di azione di Sel.


E' poi intervenuta la consigliera regionale Chiara Cremonesi, ragionando sulle priorità da affrontare e sul possibile contributo dell'attività istituzionale alla definizione del profilo politico e programmatico di Sel.


Infine, Tino Magni ha affrontato le questioni organizzative, sottolineando l'importanza di darsi strumenti legittimati dall'assemblea per traghettare Sel verso la fase congressuale di ottobre.


Dopo molti appassionati interventi, è stato approvato un documento conclusivo, illustrato da Sandro Pollio, che fissa gli obiettivi politici di Sel per i prossimi mesi ed è stato votato un coordinamento regionale rappresentativo dei territori.

http://www.sinistraelibertalombardia.it/pagina.asp?id=1272


All'assemblea ha partecipato il delegato della sezione cassinese Alessandro Simeone.

Repubblica Firenze: inquietanti manovre di Jabil a Cassina de' Pecchi

I sospetti del sindacato sul fondo Usa
Repubblica — 19 giugno 2010 pagina 1 sezione: FIRENZE


I SINDACATI, la rsu, le organizzazioni territoriali ma anche quelle nazionali dei metalmeccanici, vanno a Roma, ieri, al ministero del lavoro per discutere di come si stia evolvendo la situazione Isi (Italia Solare Industrie), l'azienda chea Scandicci ha preso il posto della multinazionale Electrolux: con l'impegno di produrre pannelli solari invece di frigoriferi e che, da due anni, non è ancora pienamente decollata. Da maggio usa la cassa integrazione e, dei 100 megawatt di produzione previsti, per ora funziona solo una linea da 25. Vanno anche al ministero delle attività produttive e lì apprendono, insieme all'amministratore delegato Massimo Fojanesi, anche lui secondo i sindacati all'oscuro, che Isi è piombata in un «calderone inaffidabile». Come lo chiama Evaristo Agnelli, Fiom nazionale, deciso, come gli altri sindacalisti, a tirarne fuori l'azienda fiorentina, che proprio ora sta trovando ordini, possibili nuovi soci e la garanzia di Fidi Toscana. I SINDACATI scoprono che il nodo della matassa fa capo al fondo americano Mercatech che, attraverso la holding Energia Futura, è proprietario di Isi al 30%. La storia, spiegano sia Agnelli che Cesare De Santis della Fiom fiorentina, sta così. Mercatech, insieme a alcuni manager di Jabil Italia ha comprato da Jabil Usa (colosso mondiale di componentistica elettronica), che se ne voleva disfare perché non redditizi, i due stabilimenti italiani di Cassina de' Pecchi (Milano) e Marcianise in provincia di Caserta. «Ne abbiamo avuto conferma dal ministero delle attività produttive», spiegano i sindacalisti. «Mercatech e i manager Jabil hanno presentato un piano industriale inquietante in cui si unisce Isi agli altri due stabilimenti senza capire cosa ci faccia. Hanno anche richiesto finanziamenti pubblici che non otterranno mai per rilanciare Marcianise. Noi temiamo che, attraverso un finto piano industriale, vogliano fare una speculazione, magari conquistandosi gli immobili». I sindacati si sono preoccupati: cosa c'entra Scandicci? «Tutto ciò su cui quelli di Jabil Italia hanno messo le mani è andato a rotoli, non sembrano tanto affidabili - protesta Agnelli Mercatech era azionista anche della Tibi a Mestre che poi è fallita». I sindacati hanno chiesto al ministero di tenere le sorti di Isi separate dal resto. E di vedere per intero i bilanci dell'azienda di Scandicci «per capire dove sono finiti i soldi per la reindustrializzzazione». Per fortuna, spiega De Santis, «anche Fojanesi intende proseguire l'attività di Isi senza mescolarsi in avventure incerte».
Aggiunge: «Al ministero abbiamo anche scoperto che avevamo ragione noi che sospettavamo mancasse liquidità in azienda: Mercatech non ci ha messo mai niente. Se non aveva soldi, come ha fatto a prendere un gruppo di 1.200 addetti? E' chiaro che qualcosa non torna». D'altra parte i sindacati a Scandicci se l'erano sempre domandato: come mai la green economy tira, gli ordini arrivano e le banche non ci danno credito? Adesso vogliono vederci chiaro e decollare con nuovi soci. -
ILARIA CIUTI
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/06/19/sospetti-del-sindacato-sul-fondo-usa.html