lunedì 13 dicembre 2010

Comunicato sindacale Nokia-Siemens

QUALE FUTURO PER CASSINA?

La situazione occupazionale del sito (NokiaSiemens-Competence) di Cassina de’ Pecchi sembra fortemente compromessa!
I sindacati avrebbero preferito avere torto! Jabil si è disfatta degli stabilimenti italiani e francesi, Competence si è dimostrata incapace di stare in piedi senza le commesse di NokiaSiemens e gli altri clienti coprono solo una parte marginale del fatturato del sito.
Competence vuole gestire unilateralmente la CIGS contravvenendo ad un accordo sulla CIGO che sarebbe terminato il 31 dicembre 2010.
NokiaSiemens nasconde le proprie intenzioni e non vuole condividere il piano industriale, ma intanto licenzia 58 lavoratori e lavoratrici proseguendo il ridimensionamento in Italia. In pochi anni è passata da 3000 dipendenti a 1200 e sembra intenzionata a continuare a delocalizzare e a ridurre l’occupazione mettendo a repentaglio la sopravvivenza del sito industriale di Cassina de’ Pecchi.

NokiaSiemens deve cambiare strategia per l’Italia rilanciando la propria vocazione nella ricerca e nello sviluppo di vari prodotti che crei ricadute occupazionali per il sito di Cassina che deve continuare a rimanere un polo d’eccellenza delle Telecomunicazioni in Italia.

Si proclamano 4 ore di sciopero con presidio delle portinerie per la giornata del 15 dicembre 2010
così articolate:

COMPETENCE italia:

4 ore in ingresso per primo turno e giornata

4 ore in uscita per secondo e turno notturno

2 ore per i part-time

Nokia-Siemens:

Dalle 8:00 alle 12:00



Cassina de’ Pecchi 13/12/10
Fim Fiom Milano
RSU Competence Cassina
RSU NokiaSiemens Factory e Plaza

Consiglio comunale e assemblea pubblica sul PGT

Stasera 13 dicembre verrà portata in consiglio comunale la mozione comune delle opposizioni sulla casa dell'acqua.

In merito, invece, all'incontro pubblico sul PGT organizzato sabato dall'amministrazione, il sindaco ha evaso la nostra domanda diretta sul vincolo industriale sull'area Nokia-Siemens.

venerdì 3 dicembre 2010

Volantino Nokia-Siemens

Il dramma continua, nel silenzio generale...


































Ci troverete all'Unes sabato 4 dicembre dalle 10,00 alle 13,00.

sabato 23 ottobre 2010

Comunicato stampa su Jabil-Competence

Ieri (22 ottobre) è stato organizzato un picchetto davanti ai cancelli di Nokia-Siemens-Jabil, per protestare contro la sospensione di sei giorni comminata con un pretesto a due lavoratori Competence (ex Jabil), delegati sindacali FIOM.
La crisi di quell'area procede a passi spediti, anche sull'onda dei Marchionne nostrani. A Cassina come a Melfi, ai lavoratori ingiustamente vessati va la nostra piena solidarietà.
Ma la politica dov'è?
Dopo il consiglio comunale di settembre, dopo la "protesta delle magliette" per richiedere il consiglio comunale aperto, l'amministrazione tace ancora, rinviando sine die l'argomento.
Ormai siamo quasi a fine anno, e le firme di tanti cassinesi depositate ad inizio anno sono ancora in attesa di risposta.
Noi di SEL ci poniamo alcune domande:
1- perché l'amministrazione tarda ancora a convocare il consiglio comunale aperto, visto che ne sono previsti da statuto due all'anno e ancora non se n'è svolto nessuno?
2- qual'é l'intenzione dell'amministrazione in ottica PGT sulle aree di Nokia-Siemens? Vuole vincolarle ad un uso industriale, come votato in un ordine del giorno e come chiediamo noi, oppure ha altri progetti che sarebbero pagati con la perdita di un migliaio di posti di lavoro?
Per esempio non vincoleranno l'area e qualcuno ha forse già pronto qualche progetto di urbanizzazione, magari fecendo uno spezzatino e scorporando la parte di terreno che confina con il naviglio?
3- che fine ha fatto il "Sindaco-deputato" della campagna elettorale? Perché non ha ancora sollevato la questione Nokia-Siemens a Roma? Perché non porta a Cassina il ministro dello sviluppo economico?

Nei fatti il sindaco D'Amico è più a Roma che a Cassina, impegnato a votare nei tantissimi voti di fiducia che il governo chiede alla Camera. Non solleva la questione perché la sensibilità della coalizione di centrodestra verso il lavoro è pari a zero, contano solo le ronde e la propaganda sugli immigrati. Il territorio, a dispetto degli slogan, viene sempre all'ultimo posto in barba al bene dei lavoratori e della comunità tutta.
La soluzione del problema passa solo per l'intervento pubblico:
- far pagare il prezzo politico a Nokia-Siemens per la fuga, costringendola a cedere l'area dello stabilimento allo Stato;
- accordo tra enti locali, Stato, Università (Politecnico in particolare) per far diventare il sito un centro di ricerca nazionale sulle telecomunicazioni (attività che adesso già viene svolta);
- incentivi per nuove imprese che, partendo dalle ricerche svolte, nella stessa area avviino la produzione, salvaguardando l'occupazione.
Il percorso è difficile, ma soltanto così si rilancia un'attività che ha un futuro perche' basata sull'alta tecnologia.
Una cosa è certa: noi di SEL continueremo a porre la questione.

Alessandro Simeone
Sinistra Ecologia Libertà - Cassina De' Pecchi

martedì 28 settembre 2010

Comunicato stampa - consiglio comunale del 27 settembre 2010

Per l'amministrazione comunale i lavoratori non sono all'ordine del giorno.

A distanza di mesi dalla raccolta di firme di cassinesi che chiedevano la convocazione di un consiglio comunale aperto sulle crisi lavorative, di fronte a un gruppo di lavoratori della Jabil che chiedevano solamente un po' di attenzione, la risposta del sindaco è stata affidata ai formalismi del regolamento consiliare, dimenticando di avere di fronte persone che rischiano il loro posto di lavoro.
Speriamo che alla risposta in burocratese dell'amministrazione seguano i fatti, e che si abbia in tempi brevi la convocazione del consiglio comunale aperto.

venerdì 17 settembre 2010

Comunicato stampa - gemellaggio

Ci è giunta notizia di un disimpegno da parte dell’amministrazione comunale in merito al gemellaggio con Elancourt, negando la copertura finanziaria (1500€ circa) all’evento, organizzato dal comitato per il gemellaggio, e che dovrebbe svolgersi in ottobre.


Chiediamo una pronta smentita da parte del Sindaco e della giunta.

La conferma del disimpegno sarebbe infatti un atto vergognoso sia nel merito, andando a incrinare un rapporto di amicizia ultradecennale con la comunità francese, sia nel metodo, avvenendo a un mese scarso dall’iniziativa, dopo aver fornito ripetute rassicurazioni ai membri del comitato.


Per Sinistra Ecologia Libertà - circolo di Cassina De’ Pecchi

Il portavoce cittadino

Alessandro Simeone

martedì 7 settembre 2010

Per una casa dell'acqua a Cassina































COMUNICATO STAMPA



Si avvicina l'autunno e con esso si avvicina la sessione di bilancio per il comune di Cassina De' Pecchi. Nella prospettiva della stesura del bilancio 2011 noi di Sinistra Ecologia Libertà vogliamo portare il nostro piccolo contributo al miglioramento della qualità della vita dei cittadini.

Per questo proponiamo al Sindaco e alla giunta di programmare l'installazione a Cassina di una "Casa dell'Acqua".


Le Case dell’Acqua sono "piccole strutture realizzate, in spazi pubblici verdi, che consentono il consumo e il prelievo dell’acqua potabile refrigerata e/o gassata; le Case dell’Acqua si stanno diffondendo anche oltre la Provincia di Milano perché hanno successo e sono molto gradite dai cittadini che in gran numero ne usufruiscono.
Le Case dell’Acqua sono state realizzate per valorizzare ed incentivare l’uso dell’acqua potabile proveniente dalla rete idrica in alternativa alle minerali in bottiglia.
I propositi sono la riduzione della produzione di plastica del traffico pesante per il trasporto, il risparmio per le famiglie.
I controlli e l’etichetta dell’acqua della rete idrica permettono ogni garanzia di qualità [...]"  (tratto da amiacque.it).


Molti comuni limitrofi al nostro (ad esempio Gorgonzola, Segrate e Pioltello) hanno provveduto ad installarne nel loro territorio, con benefici sia in termini di ambiente, riducendo l'inquinamento dovuto alla plastica delle bottiglie e al trasporto via camion di esse, sia in termini economici, consentendo ad una famiglia media di risparmiare più di 200€ l'anno.


Noi proponiamo la messa a bilancio e la successiva installazione nel 2011 di una Casa dell'Acqua, da collocarsi  o in zona Unes o in zona metropolitana,

Per il comune è un piccolo impegno, che si traduce in un gran beneficio per l'ambiente e per i cittadini di Cassina, nonché valorizza un bene pubblico, qual é e quale deve rimanere l’acqua.

Nel frattempo, invitiamo i cittadini in possesso della tessera "Ikea family" ad usufruire della Casa dell'Acqua messa a disposizione da Ikea Carugate, e che consente il prelievo gratuito di un massimo di 36 litri di acqua al giorno, naturale o gassata.


Per Sinistra Ecologia Libertà - Cassina De' Pecchi

Il portavoce cittadino

Alessandro Simeone

lunedì 6 settembre 2010

SEL di Cassina per Giuliano Pisapia sindaco di Milano

SEL di Cassina sostiene la candidatura di Giuliano Pisapia a sindaco di Milano.

L'importanza dell'amministrazione del capoluogo è tale da far ricadere i suoi effetti su tutta l'area metropolitana, Cassina compresa.
Per questo, in vista delle prossime elezioni comunali milanesi, abbiamo deciso di schierarci e di fare l'endorsement per Giuliano Pisapia.

Leggi l'approfondimento:
Giuliano Pisapia: un sindaco per Milano

No alla lapidazione di Sakineh

"Una donna di 43 anni, madre di due figli, Sakineh Mohammadi-Ashtiani, rischia nella Repubblica Islamica dell'Iran l'esecuzione per lapidazione (dopo aver ricevuto come "punizione" pubblica, e in presenza di uno dei suoi figli, a titolo di "esempio", 99 colpi di frusta)".
"I suoi crimini agli occhi delle autorità politico-religiose di questo paese? L'adulterio, che non è un crimine né un delitto. Ma, soprattutto, la presunta complicità in un omicidio che è stata costretta a confessare, talmente costretta che ha poi subito ritrattato".
"Cosa bisogna pensare di questi metodi diretti a estorcere pretese verità? Noi, firmatari di questo testo, facciamo appello dunque alle autorità iraniane perchè mettano fine a questo tipo di procedure, oltre che a queste punizioni inique e barbare.
Ci uniamo a tutte le iniziative già intraprese dalle organizzazioni di difesa dei diritti dell'uomo, quali Human
Rights Watch e Amnesty International, a favore della signora Sakineh Mohammadi-Ashtiani".
"Per il rispetto della dignità e della libertà di tutte le donne iraniane".



Sinistra Ecologia Libertà di Cassina De' Pecchi aderisce ed invita ad aderire all'appello de La Repubblica.

FIRMA QUI:

Un altro morto di legalità. Nel silenzio del governo.

IL PROCURATORE: «NEGLI ULTIMI TEMPI ERA PREOCCUPATO»
Salerno: ucciso il sindaco di Pollica
Angelo Vassallo, 57 anni, assassinato con 9 colpi di pistola nella notte mentre rientrava a casa


Un vero e proprio agguato. E' stato ucciso a colpi di pistola il sindaco di Pollica, comune che comprende anche la più nota Acciaroli (Salerno), paesino del Cilento famoso per la bandiera blu che viene assegnata da tempo ogni anno alle sue acque.
L'AGGUATO - Angelo Vassallo, 57 anni, è stato colpito questa notte mentre era alla guida della sua auto, una Audi station wagon grigia, e rientrava a casa in una stradina dietro la sua abitazione. Secondo i primi rilievi delle indagini, Vassallo è stato colpito con almeno nove colpi di pistola sparati dal finestrino verso di lui. La pista seguita dagli inquirenti in questo momento privilegia la vita amministrativa dell'ucciso, anche se non trascura altri possibili moventi. Vassallo era già stato sindaco del Comune di Acciaroli, ma nella scorsa tornata elettorale, a marzo, si era candidato da solo con una lista civica, «Cilento pulito», sempre però nell'ambito della coalizione di centrosinistra. Vassallo lascia una moglie e due figli.

IL PM - Il sostituto procuratore di Vallo della Lucania, Alfredo Greco commenta così a Sky Tg24 l'omicidio: «E' un agguato in stile camorra con modalità brutte e pesanti, un’esecuzione cattiva con troppi colpi sparati». Vassallo, dice Greco, «era una persona per bene, che metteva se stesso davanti all’illegalità. Il medico legale ha stabilito che è morto con i primi colpi, poi ne sono arrivati altri: il cadavere è crivellato di proiettili». «Negli ultimi tempi era preoccupato e mi teneva costantemente informato sugli sviluppi di alcune vicende. Era un uomo che si batteva contro l'illegalità ed era sempre in prima linea. Quando accadeva qualcosa di particolare sul suo territorio, me lo segnalava» ha poi aggiunto Greco. «Ci sono molte piste da seguire - ha detto ancora il magistrato - e per il momento non abbiamo un orientamento preciso sul possibile movente. Non sappiamo ancora - ha concluso Greco - neppure se abbiano agito una o più persone. Si può pensare di tutto».


CHI ERA - Vassallo era soprannominato il «sindaco-pescatore» e viene ricordato da tutti anche per le sue ordinanze singolari. Lo scorso gennaio firmò un’ordinanza che prevedeva una multa fino a mille euro per chi fosse stato sorpreso a gettare a terra cenere e mozziconi di sigarette. Un modo per evitare di sporcare il paesaggio di uno dei comuni più caratteristici del Cilento, le cui acque del mare sono state più volte premiate con la Bandiera blu. Ma Vassallo, che decise di ricandidarsi a primo cittadino correndo da solo con una lista civica nonostante fosse un esponente del Pd, aveva anche avviato la vendita dei 150 loculi del cimitero della sua città in località Costantinopoli: una cessione per 99 anni destinata soprattutto ai tanti vacanzieri e stranieri che ogni anno, soprattutto d’estate, sono incantati dalla bellezza del paesaggio. Le tombe, inoltre, sarebbero state messe in vendita con una serie di moderne tecnologie compresa una webcam che rendeva possibile poter guardare, anche a chilometri di distanza, l’ultima dimora del proprio caro. Secondo quanto previsto dal progetto, nel cimitero ci sarebbero stati diversi optional, tra i quali un impianto audio di filodiffusione per rendere più agevole i momenti di raccoglimento.

Redazione online corriere.it
06 settembre 2010

giovedì 2 settembre 2010

L'ennesimo fallimento della destra milanese

Lungaggini e fondi fantasmi, l’Expo incubo per Milano. E dietro l’angolo rispunta Smirne

di Davide Vecchi - www.ilfattoquotidiano.it
Entro novembre è prevista la verifica dei lavori davanti al commissario del Bie. Tra i vertici della società è iniziato un fuggi fuggi generale. Primi probabili nomi in uscita: il presidente dei sindaci Angelo Provasoli e il consigliere Leonardo Carioni Expo 2015 potrebbe trasferirsi a Smirne, sulla quale Milano vinse per pochi voti a Parigi nel marzo 2008. Entro novembre ci sarà la verifica del lavoro svolto in questi quasi tre anni. Il Bureau International des Expositions (Bie) valuterà il lavoro fin qui svolto e il rispetto del dossier di candidatura sul quale la città meneghina ha vinto. Ma la società Expo 2015 Spa è ancora in alto mare per quanto riguarda i terreni su cui sarà allestita l’esposizione. Il passaggio è chiave. Tanto da aver portato allo scontro appena due mesi fa due dei soci principali: Comune e Regione Lombardia. Da una parte il sindaco Letizia Moratti contraria all’acquisizione dei terreni, dall’altra il governatore Roberto Formigoni che invece spingeva affinché una nuova società da lui ideata comprasse i terreni dai proprietari, Fiera Milano e gruppo Cabassi. E la questione è tutto fuorché risolta. “La valutazione sulle aree avverrà a metà settembre”, ha detto il 25 agosto Formigoni. Il rischio è quello di vedersi sfilare la manifestazione. E se le voci su un possibile “trasloco” a Roma, circolate insistentemente lo scorso ottobre quando lo stallo della società era evidente e denunciato da molti (in primis l’exposcettico Giulio Tremonti), vennero smentite; quelle relative al passaggio di mano addirittura alla città Turca, da tempo nell’aria e oggi messe nere su bianco da ItaliaOggi, sono state apparentemente ignorate. L’offerta avanzata da Smirne potrebbe essere allettante per i disastrati conti degli enti locali, in particolare Provincia e Regione. La Turchia sarebbe infatti pronta a una sorta di risarcimento economico in cambio dell’esposizione universale. La proposta dovrà essere vagliata dal Bie. Ma, ricorda ItaliaOggi, la Turchia ha una crescita annua del pil pari al 4,5% con tendenza al rialzo contro l’1% italiano. Dato più che rilevante per il Bie parigino.

Milano non ne uscirebbe di certo a testa alta. Non è un caso che i vertici della società stiano cercando di correre ai ripari. Angelo Provasoli sta valutando la possibilità di lasciare l’incarico di presidente del collegio dei sindaci di Expo 2015 Spa. Mentre dal consiglio di amministrazione potrebbe dimettersi Leonardo Carioni, consigliere nominato dal ministero del tesoro, socio di maggioranza con il 40%. Carioni si è speso sin dall’inizio per evitare gli sprechi. Grazie a lui la società è riuscita a ottenere gratuitamente gli uffici di palazzo Reale che il sindaco voleva invece affittare a Expo 2015 per oltre un milione di euro. Alla proposta Carioni, fra l’altro presidente leghista della provincia di Como, saltò in aria: “Ma come il Comune mette i soldi nella società e poi se li riprende con l’affitto?”. Ma per lasciare il cda Carioni ha bisogno del via libera del ministro dell’economia e di Umberto Bossi. Nessuno dei due intende accordargli il permesso. Al momento. Certo è che se la barca andrà inesorabilmente verso il fondo, Carioni non accetterà di certo di andare a picco per i fallimenti altrui.

Al momento di certezze ce ne sono poche. Le grandi opere previste sono ferme o avviate da poco. Non è ancora stato dato il via libera alle prime sette gare di progettazione della piastra espositiva, la base in pratica. Il viceministro Roberto Castelli prima e Umberto Bossi poi hanno riconosciuto che a Milano “sono fuori tempo massimo”. Intanto a Expo 2015 continua il balletto delle nomine. Tra giugno e luglio è stato sostituito, e inviato ad altro incarico, il capo della comunicazione, Andrea Radic, sostituito con Roberto Arditti, ex portavoce del ministro Claudio Scajola e direttore de Il Tempo. E’ toccato poi a Lucio Stanca lasciare la carica di amministratore delegato a Giuseppe Sala, direttore generale di Palazzo Marino e uomo di fiducia di Letizia Moratti. Ma poco preparato su Expo. Al suo insediamento rilasciò una dichiarazione ad agenzie e tv: “Taglieremo i costi, primo fra tutti gli uffici di Palazzo Reale”. Gli altri consiglieri si guardarono esterrefatti. “Ma come, l’unica cosa gratis che abbiamo sono proprio gli uffici”. I costi sono sempre stato un liet motive della società per giustificare l’empasse di questi anni. I tagli della manovra economica, il patto di stabilità da rispettare e i versamenti da parte dei soci che non arrivano o arrivano in ritardo. Basti pensare che il ministero dell’Economia ha inviato i 7,5 milioni per l’esercizio del 2009 solamente lo scorso 5 agosto. Ma ne mancano ancora 9,2. Questi 7,5 milioni di euro fanno infatti parte dei 16,7 milioni che lo Stato si è impegnato a versare alla società di gestione per il 2009 sulla base del piano pluriennale di finanziamenti statali a Expo ma, pur essendo già stanziati, finora erano rimasti bloccati per un complicato intreccio di ostacoli giuridici e contabili.

Di nodi da sciogliere ce ne sono ancora molti. Ma pare che la società non abbia fretta. Nell’ultimo Cda, riunitosi il 30 luglio, è stato nominato ad Sala, e gli è stato fissato il compenso annuo a 270mila euro più 130mila come incentivazione dei risultati. Punto. E le gare? L’avvio dei lavori? I terreni? I fondi? Niente. “La società ha deciso che prima di bandire le gare in questione la società dovrà completare il processo di adozione del modello organizzativo previsto dal Dl 231/2001 e nominare l’organismo di vigilanza previsto dalla normativa”. La seduta si è conclusa con la promessa di una nuova convocazione a fine agosto. Oggi è il primo settembre. Il Cda ad agosto non si è riunito. E a Palazzo Reale ancora non sanno per quando convocarlo. “Entro settembre”, rispondono genericamente.

Lega di lotta e di governo

Al leghista piace l'auto blu
di Tommaso Cerno - l'Espresso

Edouard Ballaman, presidente del Consiglio del Friuli Venezia Giulia ed ex deputato del Carroccio, è il nuovo recordman della casta. Ha usato la berlina della regione per i week end al mare, per andare dal dentista e per il viaggio di nozze (01 settembre 2010)

Con l'auto blu si faceva viaggetti fino a casa dei suoceri. Accompagnava la fidanzata, oggi moglie (conosciuta a un comizio di Bossi), dal dentista. S'è fatto scorazzare fino alla casa al mare a Santa Margherita di Caorle. E pure con autista e macchina di servizio ha raggiunto l'aeroporto di Malpensa quando partiva per il viaggio di nozze.

Edouard Ballaman, 48 anni, è un leghista tutto d'un pezzo. Almeno a parole. Deputato per tre legislature, commissario del partito in Friuli, oggi presidente del Consiglio regionale, ha sempre tuonato contro sprechi e abusi di potere. E' quello che si presentò in aula con la pistola spiegando che la sua rigidità sui temi della legalità e dell'immigrazione lo esponeva a pericoli personali.

Ma agli slogan da buon leghista non corrispondevano i fatti: sono circa settanta (guarda) infatti i viaggi con autista e auto blu che Ballaman ha compiuto nei due anni e mezzo da presidente del parlamentino del Friuli, come oggi ha rivelato il Messaggero Veneto (leggi).

E pensare che il primo aprile scorso il leghista aveva convocato i giornalisti e si era fatto fotografare sulla sua vecchia Rover verde padano dichiarando che dal quel giorno avrebbe rinunciato all'auto blu per risparmiare.

Una decisione che, secondo i conti della Regione Friuli Venezia Giulia, costa oggi alle casse pubbliche circa 3200 euro al mese di rimborsi. Ben di più di quanto spendeva prima pur usufruendo dell'auto di servizio anche per viaggi, cene e appuntamenti della sua agenda privata. Alcuni degli spostamenti contestati a Ballaman riguardano poi raduni leghisti e riunioni di partito.

E così in una delle regioni dove Bossi raccoglie maggiori consensi è scoppiata la bufera sulla doppia morale dell'esponente del Carroccio.

La Corte dei Conti ha immediatamente aperto un'inchiesta per verificare eventuali danni erariali. Imbarazzo nella maggioranza di centro-destra e fra i compagni di partito. "I miei legali valuteranno come comportarsi", si limita a dire a L'espresso Ballaman.

Ma la polemica sta montando. Le richieste di dimissioni, pur ancora informali, arrivano da centro-sinistra, ma anche nel Pdl e nella stessa Lega sono in molti a ripetere che un passo indietro sarebbe opportuno.

lunedì 23 agosto 2010

All'Italia serve una politica industriale

Intervista a Nichi Vendola: «All'Italia serve una politica industriale»
Vincenzo Del Giudice - ilsole24ore.com

BARI - «Il racconto che io immagino rompe le porte blindate dell'economicismo. Produrre e distribuire ricchezza, promuovere il benessere di tutti, coniugare economia ed ecologia, trovare il giusto equilibrio tra profitto dell'impresa privata e valorizzazione dei beni comuni». Nichi Vendola, il governatore della Puglia cui piacciono i racconti, colui che ha deciso di sparigliare il centro-sinistra con la sua candidatura alle primarie parla di economia, Fiat, tasse e crisi. «Il dibattito dell'economia – dice – è asfittico e criptato, monopolizzato da tecnocrati, lobbysti e moralisti a libro paga. Un dibattito drammaticamente orfano di quell'etica della responsabilità che per me significa confronti con l'inviolabilità della vita e del vivente e porre un argine alla mercificazione del mondo. Cos'è la crisi? Una calamità naturale o il frutto avvelenato di quel potere soprannazionale della rendita e della speculazione finanziaria che ha umiliato il lavoro e ucciso milioni di imprese?».

Ecco, nel suo programma c'è una politica industriale?
Una politica industriale intanto bisogna avercela. Per Berlusconi è opzionale. Pare che la faccia spontaneamente il mercato. E in questa insostenibile leggerezza della politica l'Italia vive un vero e proprio processo di deindustrializzazione che è una tragedia civile e sociale. Non esiste un luogo in cui si discute di quali siano gli apparati industriali considerati strategici e come di conseguenza agire affinché essi possano radicarsi e rinforzarsi qui in Italia, di come possano internazionalizzarsi senza emigrare alla ricerca della manodopera al più basso costo, di come possano competere usando la chiave magica che apre la porta dei mercati globali: la qualità delle produzioni, il contenuto di innovazione dei prodotti. Non so se è una bestemmia dire che è necessario l'intervento pubblico in economia, che significa orientare e accompagnare le imprese, impedire che la costellazione di piccole aziende paghi in forme fatali il prezzo della crisi, promuovere la valorizzazione della presenza femminile e giovanile nel sistema economico, tutelare le conquiste sociali fondamentali, favorire un clima favorevole ai processi di innovazione, varare un Piano straordinario per il lavoro mirato al riassetto idrogeologico e alla cura del territorio.

Le si è detto molto contrario, dando la sua solidarietà ai lavoratori di Pomigliano, all'accordo proposto dalla Fiat. Che invece è stato ritenuto da molti, anche nel centro-sinistra, un fatto positivo.
La Fiat ha goduto di molti privilegi nella storia italiana. Non solo è stata monopolista nazionale dell'industria automobilistica ma è stata paradigma culturale su cui si è edificato il boom economico e un intero modello di sviluppo. L'Italia merita maggiore rispetto da parte della Fiat. A Pomigliano la Fiat ha scritto una pagina orribile di modernità ottocentesca.

Però delocalizzare è un diritto. O no?
Le delocalizzazioni non si possono impedire, certo, non a quelle imprese che abbiano investito e rischiato in proprio. Ma quelle che hanno beneficiato ciclicamente di ciclopiche risorse statali forse dovrebbero essere in qualche modo chiamate ad assumersi qualche responsabilità di tipo "patriottico". O per caso è stato Marchionne a finanziare la rottamazione delle auto?

Presidente, se lei diventasse capo del governo quale tipo di fiscalità attuerebbe?
Le tasse non sono un crimine o una patologia sociale: questa è stata la litania della destra planetaria. Piuttosto, l'evasione è un crimine, largamente incoraggiato dall'attuale classe dirigente berlusconiana. Le tasse sono un'architrave degli Stati moderni e rappresentano un nodo decisivo della perequazione sociale. La leva fiscale va alleggerita drasticamente nei confronti dei ceti popolari, ma anche nei confronti del sistema d'impresa la leva fiscale può essere usata per orientare scelte di modernizzazione. Non sono contrario alla Tobin tax e la carbon tax.

La crisi è ancora in atto, qual è la sua ricetta per uscirne?
Io penso che per fare ripartire l'economia bisogna uscire dall'angolo della superstizione liberista, in cui si canta il "de profundis" della spesa pubblica e si considera l'abbattimento del debito come una specie di dio pagano a cui sacrificare i poveri, le famiglie, le partite Iva, il welfare, e anche un pezzo di civiltà europea. Penso che oggi occorre sostenere la domanda interna, dare ossigeno ai ceti medio-bassi, aumentare l'area di consumo, sbloccare la spesa degli enti locali ibernata dalle ridicole penalità delle norme sul patto di stabilità. L'Italia affronta sacrifici durissimi senza alcuna prospettiva di crescita e un'intera generazione viene tagliata fuori dalla prospettiva del lavoro e del futuro.

Delinea una situazione tragica.
L'Italia sta precipitando in un buco nero, di un vuoto di classe dirigente, in una vertigine di pubblica immoralità. Serve ripartire proprio da questa nuova generazione, a cui non si può promettere la favola bella della flessibilità (una vita produttiva multidimensionale) e offrire poi l'incubo della precarietà.

SFIDA SULLE PRIMARIE

L'annuncio di Vendola
Circa un mese fa il governatore della Puglia Nichi Vendola lancia un sasso nelle acque del centro-sinistra e annuncia: mi candiderò alle primarie di coalizione in vista delle prossime elezioni politiche. Il suo proclama ha avviato il dibattito anche nel partito democratico fino a quel momento orientato ad appoggiare un'eventuale candidatura di Pier Luigi Bersani

Chiamparino raccoglie la sfida
Nei giorni immediatamente successivi all'annuncio di Vendola all'interno del Pd cominciano a circolare diversi di nomi di possibili competitor del governatore pugliese: da Enrico Letta a Matteo Renzi fino a Nicola Zingaretti. Finché il sindaco di Torino Sergio Chiamparino non si decide a rompere gli indugi. In un'intervista pubblicata sul Sole 24 Ore del 5 agosto il presidente dell'Anci si dice d'accordo a utilizzare le primarie per la scelta del futuro leader del centro-sinistra e al tempo stesso si dichiara pronto a raccogliere la sfida lanciata da Vendola

Il dietrofront di De Magistris
Tempo una settimana e anche l'europarlamentare dell'Idv Luigi De Magistris annuncia di essere pronto a correre alle primarie. In realtà già il giorno dopo l'ex pm ridimensiona le sue intenzioni, forse a causa della scarsa simpatia che il leader dell'Idv Antonio Di Pietro ha sempre manifestato per questo strumento

domenica 8 agosto 2010

La sinistra non tiene il passo di Fini

BARBARA SPINELLI - lastampa.it

Alla fine, la rottura fra il presidente del Consiglio e il presidente della Camera è avvenuta sull’elemento che più caratterizza il regime autoritario di Berlusconi: il rapporto del leader con la legalità, quindi con l’etica pubblica. È ormai più di un decennio che il tema era divenuto quasi tabù, affrontato da pochi custodi della democrazia e della separazione dei poteri.

Agli italiani la legalità non interessa, ci si ostinava a dire, né interessano la giustizia violata, la corruzione più perniciosa che è quella dei magistrati, l’obbligo di obbedienza alle leggi, il patto tra cittadini che fonda tale obbedienza. Anche per la sinistra, nostalgica spesso di una democrazia sostanziale più che legale, tutti questi temi sono stati per lungo tempo sovrastruttura, così come sovrastruttura era il senso dello Stato e della sua autonomia.

Fini ha ignorato vecchie culture e nuovo spirito dei tempi e ha guardato più lontano. Ha intuito che uscire dalla crisi economica significa, ovunque nel mondo, uscita dal malgoverno, dai costi enormi della corruzione, dall’imbarbarimento del senso dello Stato. Ha visto che il presente governo e il partito che aveva fondato con Berlusconi erano colmi di personaggi indagati e spesso compromessi con la malavita. Ha visto che per difendere la sua visione privatistica della politica, Berlusconi moltiplicava le offese alla magistratura, alla stampa indipendente, alla Costituzione, all’idea di un bene comune non appropriabile da privati. E ha costretto il premier a uscire allo scoperto: lasciando che fosse quest’ultimo a rompere sulla legalità, sul senso dello Stato, sull’informazione libera, ha provocato un’ammissione indiretta delle volontà autoritarie che animano il capo del governo e i suoi amici più fedeli.

In qualche modo, Berlusconi ha chiesto a Fini e ad alcuni finiani particolarmente intransigenti (Fabio Granata) di scegliere la cultura dell’illegalità contro la cultura della legalità che il presidente della Camera andava difendendo con forza. Non solo: più sottilmente ed essenzialmente, ha chiesto loro di scegliere tra democrazia oligarchica e autoritaria e democrazia rappresentativa. Il capo del governo infatti non si limita a anteporre la sovranità del popolo elettore alla separazione dei poteri e a quello che chiama il «teatrino della politica politicante». La stessa sovranità popolare è distorta in maniera micidiale, a partire dal momento in cui essa si forgia su mezzi di informazione (la tv) che il capo-popolo controlla in toto. La dichiarazione contro Fini dell’ufficio di presidenza del Pdl, il 29 luglio, erge i disvalori come proprio non segreto emblema quando afferma: «Le sue posizioni (sulla legalità) sono assolutamente incompatibili con i principi ispiratori del Popolo della Libertà».

La sinistra non ha avuto né il coraggio né l’anticonformismo del presidente della Camera. Fino all’ultimo ha congelato la presa di coscienza italiana sulle questioni delle legge e della giustizia, ripetendo con pudibonda monotonia che «l’antiberlusconismo non giova al centrosinistra». E per antiberlusconismo intendeva proprio questo: combattere il Cavaliere sul terreno dell’etica pubblica, della legalità, della formazione dell’opinione pubblica attraverso i media. I problemi erano sempre altri: quasi mai erano la tenuta dello Stato di diritto, l’informazione televisiva manipolata, la corruzione stessa. C’erano sempre «questioni più gravi» da affrontare, più urgenti e più alte, prima di scendere nei piani bassi della legalità.

L’incapacità congenita della sinistra di vietare a chi fa politica un conflitto d’interessi, specie nell’informazione, nasce da qui ed è destinata a divenire il vecchio rimorso e il vizio assurdo della sua storia. In fondo, venendo anch’egli da una cultura totalitaria, Fini ha fatto in questo campo più passi avanti di quanti ne abbiano fatto tanti uomini dell’ex Pci (lo svantaggio di tempi così rapidi è che le sue truppe sono labili).

Questo parlar d'altro, di cose che si presumono più alte e nobili, è la stoffa di cui è fatto oggi lo spirito dei tempi, non solo in Italia. Uno spirito che contagia anche le gerarchie ecclesiastiche (non giornali come Famiglia Cristiana), oltre che molti moderati e uomini della sinistra operaista. È lo stesso Zeitgeist che in Francia, in pieno scandalo delle tangenti versate illegalmente da Liliane Bettencourt alla destra, spinge politici di rilievo a far propria l’indignazione dell’ex premier Raffarin contro la stampa troppo intemperante: «I francesi e i mezzi di comunicazione sono incapaci di appassionarsi per i grandi temi». Chi chiude gli occhi davanti al marcio che può manifestarsi nella politica sempre vorrebbe che i cittadini non vedessero la bestia, dietro l’angelo e i suoi grandi temi.

Invece l’imperio della legge fa proprio questo: rivela all’uomo la sua bestialità, gli toglie le prerogative dell’angelo. Nel descrivere il Decalogo mosaico, che della Legge è essenza e simbolo, Thomas Mann parla di «quintessenza della decenza umana» (La Legge, 1944). Alla stessa maniera, la quintessenza dell’esperienza berlusconiana è il rapporto distorto e irato con la legge e i poteri che la presidiano: un male italiano che non è nato con lui, ma che lui ha acutizzato. Un male che conviene finalmente guardare in faccia, perché è da qui che toccherà ricominciare se si vuol costruire meglio l’Italia. Se si vuol dar vita a un’opinione pubblica veramente informata, perché munita degli strumenti necessari alla formazione della propria sovranità democratica.

Per questo la dissociazione di Fini dai disvalori del Popolo della Libertà non è una frattura del bipolarismo, né tanto meno un ritorno a vecchi intrugli consociativi. È il primo atto di un’uscita dall’era di Berlusconi, da una seconda Repubblica che non ha riaggiustato la prima ma ne ha esasperato monumentalmente i vizi: ed è un atto che per forza di cose deve essere governato da un arco di partiti molto largo. Il termine giusto lo ha trovato Casini: si tratta di creare un’«area di responsabilità istituzionale», non diversamente dal modo di operare di chi predispose il congedo dal fascismo. Nell’inverno scorso, lo stesso Casini parlò di Cln, il Comitato di Liberazione Nazionale che nel 1943 associò tutti gli oppositori al regime mussoliniano. Spetta a quest’area preparare elezioni davvero libere, dunque creare le basi perché le principali infermità della repubblica berlusconiana siano sanate. In seguito, il bipolarismo potrà ricostituirsi su basi differenti.

In effetti, Berlusconi non è una persona che ha semplicemente abusato del potere. Le sue leggi, le nomine che ha fatto, il conflitto d’interessi di cui si è avvalso: tutto questo ha creato un’altra Italia, e quando si parla di regime è di essa che si parla. Un’Italia dove vigono speciali leggi che proteggono l’impunità. Un’Italia dove è colpito il braccio armato della malavita anziché il suo braccio politico, e dove i pentiti di mafia sono screditati e mal protetti come mai lo furono i pentiti di terrorismo. Un’Italia in cui la sovranità popolare non potendosi formare viene violata, perché un unico uomo controlla le informazioni televisive e perché il 70 per cento dei cittadini si fa un’opinione solo guardando la tv, non informandosi su giornali o Internet.

Un governo che non curasse in anticipo questi mali (informazione televisiva, legge elettorale che non premi sproporzionatamente un quarto dell’elettorato, soluzione del conflitto d'interessi) e che andasse alle urne sotto la guida di Berlusconi non ci darebbe elezioni libere, ma elezioni coerenti con questo regime e da esso contaminate.

lunedì 2 agosto 2010

Precisazioni al comunicato del PD

Il circolo cassinese del PD, tramite un comunicato stampa, nel rispondere alle nostre osservazioni sulla vicenda dell'accordo-quadro con la comunità Pastorale, ci accusando di "livore" e, tirando fuori dalla naftalina le posizioni da noi assunte alle ultime elezioni comunali, ci imputa la loro sconfitta elettorale. Evita accuratamente, però, di entrare nel merito delle nostre critiche.

Purtroppo per loro le opinioni sono discutibili. I fatti, invece, no.
E i fatti dicono che i consiglieri in quota PD appartenenti al gruppo consiliare del Progetto Cassina, insieme ai consiglieri della lista civica Cassina-S. Agata, hanno votato a favore del provvedimento di Chiesura e del centrodestra, provvedimento che noi riteniamo lesivo della laicità delle istituzioni, del pluralismo e della tutela delle minoranze.

Il resto sono solo chiacchere che lasciamo volentieri ad altri.

Per ricostruire il centrosinistra, cassinese e nazionale, è necessario costruire una nuova narrazione, una nuova cultura politica. Per fare questo è necessario discutere di contenuti, anche in maniera aspra, se necessario.
Chi non è in grado di fare questo, ed utilizza come unici argomenti la logica di schieramento ed i tatticismi politici, si condannerà ad una eterna subalternità culturale prima ancora che politica.

Sinistra Ecologia Libertà
Circolo di Cassina De' Pecchi

2 agosto 1980 - Bologna

2 agosto 1980, Bologna, stazione centrale.
Una tranquilla mattina d'estate, con la stazione affollata di treni e di passeggeri diret
ti verso i luoghi di vacanza. La stazione è il centro del sistema ferroviario italiano. Per andare da Nord a Sud e viceversa si passa per forza da Bologna.

Alle ore 10.25 si sente un gran boato proveniente dalla sala d'aspetto di seconda classe, proprio accanto al binario 1. Crolla un'intera ala della stazione, vengono devastati i treni fermi sui binari più vicini. E' una bomba.

Muoiono 85 persone, dai 3 ag
li 86 anni. Vittime del terrorismo fascista, come confermano le sentenze che condannano Mambro e Fioravanti come esecutori materiali. Come ricorda la lapide al primo binario della stazione.
Manca tuttora la verità su chi furono i mandanti. Sul perché di quegli 85 morti.

Oggi nessun esponente del governo è andato alla commemorazione per paura dei fischi di quei cittadini che a trent'anni di distanza chiedono a gran voce la verità.

Oggi, come ogni anno, una città intera chiede il perché del tanto sangue versato, da Ustica alla strage della stazione. Oggi come negli ultimi trent'anni attende ancora risposta.


Per approfondimenti:


venerdì 23 luglio 2010

Che fine ha fatto la laicità?

L'Amministrazione Comunale, con l'approvazione dell'accordo-quadro con la Comunità Pastorale che esclude le altre Associazioni operanti da anni nella realtà sociale di Cassina de' Pecchi, compie l'ennesima scelta clericale e ideologica, spogliandosi completamente delle competenze pubbliche e consegnandole ad una sola parte.

Ha cestinato così completamente il buon accordo precedente, che, pur valorizzando l'importante ruolo dell'Oratorio e della comunità cattolica, era aperto al pluralismo, al coinvolgimento delle istituzioni territoriali e salvaguardava la laicità delle politiche comunali.

Tutto questo per una precisa scelta ideologica dell'assessore competente Chiesura, che si dimostra ancora una volta insofferente verso il pluralismo, al pari dei più incalliti stalinisti sovietici.

Assente il consigliere di Rifondazione Comunista,l'opposizione (tra cui spicca la posizione del Partito Democratico)

CALA LE BRAGHE e VOTA A FAVORE,

con il solo voto contrario del consigliere Alessandro Patella di Cittadinanza e Cambiamento.

Cittadini, Vi invitiamo a riflettere su questa svolta preoccupante della politica cassinese, che vede le posizioni laiche, ampiamente diffuse tra la cittadinanza, quasi azzerate dall'azione della maggioranza consigliare e della quasi totalità della minoranza.

Sinistra Ecologia Libertà
Circolo di Cassina de' Pecchi

venerdì 2 luglio 2010

Compagni che sbagliano

Sulla versione online de "Gli Altri - la sinistra quotidiana" è apparso un articolo, a firma Andrea Colombo, che parla delle condanne alle "Nuove BR", intitolato "105 anni per le nuove Br, ma nessuno sa quale reato abbiano commesso"

L'articolo è contestabile sotto molti punti di vista.

Traspare, da tutto il pezzo, il concetto, molto anni ‘70, della giustizia come “strumento di oppressione del proletariato”. Sembra che non abbia lasciato nessun segno Pasolini, quando diceva di stare con i poliziotti, perché i veri proletari erano (e sono, aggiungo io) loro.
Un concetto che pensavo - speravo - ormai superato. Invece, proprio in una fase di "ricostruzione" delle basi culturali di una nuova sinistra, è necessario ridiscuterlo.

L'impostazione, comunemente chiamata "garantista", si basa sull'assunto di fondo che la magistratura e le forze di polizia sono strumenti in mano alle classi economiche dominanti, "sovrastrutture" in senso marxiano del termine, che vengono utilizzati per opprimere la classe operaia.
I fautori di questa tesi dimenticano, però, che magistratura e polizia sono inserite in un contesto ben diverso rispetto a quello dell'800: lì c'era una effettiva coincidenza di interessi, data da molti fattori, quali l'estrazione sociale di magistrati e dirigenti di polizia, le minori garanzie di autonomia e, spesso, l'effettiva direzione dell'azione penale da parte di organi politici.

Ora, grazie alla costituzione del 1948, che ci ha consegnato un sistema di effettiva divisione tra i poteri e di amplie garanzie giuridiche per gli imputati, e grazie alla profonda "rivoluzione sociale" dataci dal boom economico e dalle lotte degli anni '60 e '70, che ha portato tanti "figli di operai" in magistratura e ai livelli dirigenziali statali, comprese le forze di polizia, l'assunto iniziale appare esattamente ribaltato: ora polizia e magistratura sono le più importati - a volte le uniche - garanzie che le classi meno abbienti hanno per difendersi dai soprusi delle classi economicamente dominanti.

Il passaggio sul 41bis lo trovo poi al limite dell’allucinante.
Premessa: il 41bis è l'articolo della legge sull'ordinamento penitenziario (L. 354/1975), approvato nel 1986, che definisce il regime di "carcere duro" per gli imputati di reati di mafia e terrorismo.
Nell'articolo si definisce “tortura” il carcere duro, ingenerando immagini alla Guantanamo di cappucci e cavi elettrici, quando invece si tratta essenzialmente di uno stretto isolamento, allo scopo di impedire ai mafiosi e ai terroristi di continuare a dirigere l’organizzazione dal carcere. E di trasformare così la pena in una salutare vacanza.
Sembra che ci siamo già dimenticati delle feste di compleanno di Cutolo nella palestra del carcere.

Le vere forme di tortura e di barbaria sono altre.
Un paese democratico e di diritto non può accettare quella forma, stavolta reale, di tortura quotidiana che è l’oppressione mafiosa su larga parte del territorio nazionale.
Un paese civile non può accettare che le persone muoiano per le loro idee. E non dobbiamo correre agli anni '70. Ma al 1999, con Massimo D'Antona. E al 2002, con Marco Biagi.
Si dimenticano le minacce a Pietro Ichino, giuslavorista e parlamentare PD, quando si dice che i nuovi brigatisti "sconteranno anni e anni di galera per aver dato vita a un’associazione inesistente". Talmente inesistente da aver già fatto morti.
Poi magari si festeggia la sentenza a Dell'Utri per concorso esterno in associazione mafiosa. Dimenticando che anche lui non ha mai compiuto "un ferimento, un sequestro, una rapina".

La sentenza di Dell'Utri è ovviamente sacrosanta, così come quella ai nuovi brigatisti, perchè collaborare con chi ammazza, rapina, sequestra, ha lo stesso disvalore morale di compiere quei reati in prima persona. E, spesso, solo le collaborazioni rendono possibili quei reati.

Perché non c'è organizzazione mafiosa o terroristica che può vivere senza una rete di collaboratori e conniventi, senza covi, senza informatori, senza protezioni.

Direi che non sono assolutamente queste le basi sul tema giustizia per rifondare una nuova sinistra.

Bisogna smetterla di usare il concetto di “garantismo” come modo di difendersi DAL processo anziché NEL processo. Che poi è quello che quotidianamente quello che fa Berlusconi.
A guardare bene non è così strana la sua posizione: il suo principale avvocato, Pecorella, affonda le sue radici nella sinistra extraparlamentare: proprio quella che, negli anni '70, predicava la giustizia del popolo e l'oppressione dei magistrati e dei poliziotti.

Alessandro Simeone